Questo testo inedito di Achille Campanile ha avuto un’origine curiosa: nel 1960 un giornalista culturale della RAI chiese allo scrittore un’intervista radiofonica sulla sua vita e sulla sua attività letteraria. Campanile rifiutò di fare l’intervista ma disse che avrebbe scritto un testo originale sui temi richiesti. Così nacque questo Autoritratto, un unicum nella produzione di Campanile, che aveva scritto romanzi, commedie, articoli, battute, canzoni, ma mai un’autobiografia. Fin dalle prime parole brilla subito il genio umoristico di Campanile. Lo scrittore, che aveva sempre amato dare di sé un’immagine di uomo schivo, lontano dalla ricerca della gloria, immagina di sentire bussare alla porta del suo studio. Chi sarà? Ma è la Storia (scritta con la S maiuscola), che vuole intervistarlo.
STORIA Permetta che mi presenti: io sono la Storia.
CAMPANILE Oh, come si mantiene bene. Così antica, e sembra una giovinetta. Fresca come una rosa.
STORIA Le dirò: io rinasco ogni giorno.
CAMPANILE Beata lei. E, a che debbo il piacere della sua visita?
STORIA Ecco, io vorrei che lei mi facesse l’autoritratto del suo lavoro.
E Campanile inizia quindi a scrivere la sua autobiografia utilizzando, con una tecnica che oggi diremmo del “copia e incolla”, pezzi delle sue opere, appunti, freddure, particolarissime tragedie, alternati a brani musicali. L’autore passa così in rassegna i vari momenti salienti della sua vita, dai primi successi ginnasiali con l’irresistibile tragedia Rosamunda, alle tragedie in due battute, alle situazioni più tipiche dei suoi romanzi. Ne viene fuori un’antologia personale particolarissima e una summa del suo metafisico, vertiginoso umorismo, dove poesia e assurdo, malinconia e gioia si fondono meravigliosamente.
- 978-88-8419-334-6
- 2008
- €8.00
Achille Campanile (1899-1977) è considerato uno dei maggiori umoristi italiani. Scrittore di narrativa e di teatro, giornalista e critico televisivo, con le sue opere ha percorso quasi tutto il ’900. Dagli esordi, negli anni ’20, sino alla fine degli anni ’70, rappresentando e interpretando, sempre in modo ironico, il costume e l’essenza stessa della vita della nostra società. Vinse due volte il Premio Viareggio, nel 1933 con Cantilena all’angolo della strada e quaranta anni più tardi con Manuale di conversazione. È morto a Lariano il 4 gennaio 1977, lasciandoci come testamento, oltre alle sue numerose opere, il segno dell’immortalità del riso.