Romain Rolland
AL DI SOPRA DELLA MISCHIA
AU-DESSUS DE LA MELÉE
Introduzione, traduzione e note di Luigi Bonanate
La ripresentazione di alcuni di questi scritti di Rolland ha lo scopo non solo di riesumare un’opera famosissima ma introvabile, anche in Francia, ma di indicare a tutti noi – ormai coinvolti in una paradossale ma pericolosissima nuova «guerra di civiltà» – l’assoluta e imprescindibile necessità che ci mettiamo a nostra volta «al di sopra della mischia» non per giudicare e condannare, ma per capire l’inconsistenza e la stupidità delle ragioni della contrapposizione creatasi tra civiltà, culture e religioni, che sono nate per suscitare dialogo e comprensione, per favorire incontri e comunicazione mai, guerre.
Romanziere, biografo, critico musicale, autore teatrale, vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1916, Romain Rolland (Clamecy, 1886-Vezélay, 1944) deve la sua residua notorietà al grande (e lunghissimo) romanzo Jean-Christophe e al titolo – più che al contenuto – della raccolta che qui si presenta in veste parziale: «al di sopra della mischia» è una formula entrata progressivamente nell’uso e che sembra testimoniare della posizione di chi voglia, superbamente e arrogantemente, elevarsi al di sopra dei problemi, da cui non si lascia coinvolgere, e sui quali però si ritiene in grado di pontificare. Applicato a ogni guerra, e tanto più a quella Grande guerra che stava ergendosi davanti alla cultura europea, chiedendo a ciascuno di schierarsi – o di qua o di là – questo atteggiamento non fa che esacerbare gli animi. Rolland cerca invece, strenuamente, quasi eroicamente, di spiegare ai contemporanei (specie francesi e tedeschi), fin dall’inizio della guerra, che le ragioni dello scontro, lo spirito di sopraffazione e l’esaltazione guerresca sono sempre mal posti, quale che si sia la parte da cui li si fa pendere.
- 978-88-8419-357-5
- 2008
- €10.00
Romain Rolland (Clamecy, 1886-Vezélay, 1944) è uno degli intellettuali più noti e meno letti del XX secolo. La ragione non sta tanto in una sua qualche oscurità concettuale o stilistica, ma in una enfasi espressiva che a molti è parsa patetica o retorica, fino a sembrare un sentimentalismo convenzionale, che per lui era invece il sogno della sua vita e della sua opera: la pace, intesa come condizione naturale della convivenza. Romanziere, biografo, critico musicale, autore teatrale, vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1916, deve la sua residua notorietà al grande (e lunghissimo) romanzo Jean-Christophe.
Luigi Bonanate è professore emerito nell’Università di Torino, socio dell’Accademia delle Scienze di Torino e Medaglia d’oro dei benemeriti della cultura e dell’arte. Ha insegnato Relazioni internazionali per più di 40 anni, e tiene corsi alla Scuola di studi superiori Ferdinando Rossi dell’Università di Torino, alla Facoltà di Scienze strategiche e a quella teologica dell’Italia settentrionale. Il suo primo libro era stato La politica della dissuasione (1972); i più recenti Anarchia o democrazia (2015) e Dipinger guerre (2016). Per i tipi di Aragno ha curato l’edizione di scritti di H. de Balzac, R. Rolland, R. Serra, D. Galimberti e L. Rèpaci, N. Revelli.