L'Amleto shakespeariano è uno dei testi letterari più amati da Testori: per lui la figura del Principe ha rappresentato colui che s'interroga sul significato ultimo dell'esistenza: «La grandezza d'Amleto è tutta in questo rompersi della dimensione formale che si lascia trapassare e fa spazio all'urlo profetico che l'opera propriamente contiene ed esprime». Così Amleto è diventato anche parte del mondo testoriano e lo scrittore lo ha reinventato più volte e portato in scena nel famosissimo Ambleto, interpretato da Franco Parenti, che nel 1973 inaugurò il Teatro Pier Lombardo di Milano, e poi, in una dimensione da martire cristiano, dieci anni dopo, con il Post-Hamlet. Il primo incontro di Testori con la figura di Amleto è avvenuto però attraverso il cinema, con una sceneggiatura che è anche intensa «storia» di «eccezione visiva», scritta nel 1970 e rimasta fino ad ora inedita. Il regista di questo film sarebbe dovuto essere lo stesso Testori, che ne aveva disegnato anche i costumi, riprodotti nel libro. Testori scrisse una vera e propria "storia" a dialoghi, in cui furore espressivo e lucida forma drammaturgica, cupo spirito barbarico e tensione apocalittica, senso dell'assoluto e straziata lacerazione umana sono riportati, attraverso la tragedia di Amleto, al suo mondo e alle sue ossessioni. Questo trattamento relativo al film su Amleto si può chiamare sceneggiatura solo per convenzionalità di struttura; in realtà rappresenta un approccio visivo ad una figura simbolica, un racconto in cui teatro e cinema s'incontrano all'interno di quel magma oscillante tra variazioni e suggestioni pittoriche, poematiche, narrative, drammaturgiche che è caratteristico del mondo testoriano.
- 978-88-8419-067-3
- 2002
- €10.50
Giovanni Testori (Novate Milanese, 1923, Milano, 1993) si è dedicato al teatro, alla poesia, alla narrativa, alla critica d’arte e alla pittura. La prima parte del suo lavoro letterario, il ciclo “I segreti di Milano”, comprende Il Ponte della Ghisolfa (1958), da cui Luchino Visconti trasse Rocco e i suoi fratelli e opere di teatro come L’Arialda (1960), messa in scena ancora da Visconti, che subì anche un processo per oscenità. Con la trilogia classica (L’Ambleto, 1972, Macbetto, 1974, Edipus, 1977), Testori creò una sua lingua personale. Dopo testi sacri come Conversazione con la morte, Interrogatorio di Maria e Factum est, negli anni Ottanta ha pubblicato e portato in teatro uno dei suoi capolavori, In exitu. All’inizio degli anni Novanta tornò alle evoluzioni del linguaggio con Sfaust, SdisOré e Tre Lai.