Giovanni Botero
DELLE CAUSE DELLA GRANDEZZA DELLE CITTÀ
a cura di Claudia Oreglia; con un saggio di Luigi Firpo
Il trattato rivela quella curiosità per la geografia, l’economia, i dati sociali che sembrano essere la cifra specifica di Botero che, nella sua permanenza a Roma, «centro cosmopolita, luogo di incontri, di intrighi, di vivaci scambi culturali, e un osservatorio politico senza eguali» aveva trovato la propria strada, come ha scritto Firpo, definendo il Delle cause della grandezza delle città, di volta in volta, come «aureo opuscolo», «piccolo capolavoro», e a dispetto della sua brevità capace di dimostrare una riflessione lucida e penetrante, la prova – potremmo dire – di quell’acutezza apprezzata dal Don Ferrante manzoniano. Sempre secondo Firpo «viene elaborata forse per la prima volta una teoria scientifica sulla dislocazione topografica e sull’incremento degli agglomerati urbani, che identifica precisi rapporti fra ambiente naturale, risorse economiche e sviluppo demografico». Un interesse quello per la geografia che troverà poi ampia esemplificazione nella redazione delle Relazioni universali, che scritte con il pretesto di dar conto dello stato della religione cattolica nei vari paesi, si trasformeranno in un lungo trattato di antropogeografia. Molte delle informazioni relative alle città e ai paesi che il Botero presenta in queste pagine saranno poi riprese in maniera puntuale e spesso letterale nei libri delle Relazioni universali, venute in luce per la prima volta nel 1591.
- 978-88-8419-779-5
- 2016
- €15.00
Giovanni Botero (1544-1617), nativo di Bene Vagienna, educato giovanissimo presso il Collegio dei Gesuiti di Palermo, maestro di retorica a Macerata e a Loreto, quindi in Francia e poi a Roma e Milano, segretario di Carlo e Federico Borromeo, nel 1589 pubblicò a Venezia, per i tipi di Giovanni Giolito de’ Ferrari, i dieci libri della Ragion di Stato. Un anno prima aveva dato alle stampe un altro saggio fondamentale, il Delle cause della grandezza e magnificenza delle città, mentre nel 1591 sarebbe apparsa la prima edizione delle Relazioni universali: al di là delle sue molte altre opere, il trittico lo avrebbe consacrato alla fama europea e gli avrebbe offerto nuove prospettive d’impiego. Botero, che aveva lasciato la Compagnia di Gesù nel 1580 in seguito a screzi interni e a una forma di malinconica depressione, accettò di servire il duca Carlo Emanuele I di Savoia e nel 1599 divenne precettore dei suoi tre figli maggiori. In seguito al soggiorno spagnolo del 1603-1606 – di cui anche I capitani sono frutto – si occupò dell’educazione degli altri due principi,Tommaso e Maurizio, e scrisse, nelle vesti di abate di San Michele della Chiusa, alcuni componimenti di soggetto religioso ripiegandosi in un pacato raccoglimento spirituale.