Luca Archibugi
IL DILEGUANTE
Premio Nazionale di Poesia Sandro Penna 2012
L’esordio di Luca Archibugi (nei «Quaderni della Fenice» diretti da Giovanni Raboni, nel ’79), poco più che ventenne, perturbò per la precoce maturità. Ma nel trentennio che è seguito il titolo di quella silloge, Capolavori della pigrizia, ha suonato ironico rimprovero a chi, come un certo personaggio di Landolfi, certificata l’eccellenza delle «prove di voce» s’è sempre rifiutato – come a occorrenza meschina – d’eseguire una buona volta la «romanza». A questo paradossale protagonista in absentia della propria generazione, così, era finora mancato un libro. È naturale che – nel far precipitare in un unico invaso tre decenni nei quali il brusìo sottile del verso, in effetti, non è mai cessato in sottofondo – la divaricazione di registri possa tradursi in eccesso di inclusività. Consapevole del rischio, per quanto possibile l’autore s’è allineato a una «quota» tonale: isoipsa espressiva che, nel vibrare degli armonici, lascia infine trasparire una figura d’insieme. I poli del libro sono la sezione «Quota madre», che ne è baricentro strutturale ed emotivo, e quella eponima, che ne sigla la cadenza d’inganno. Da un lato dunque – dal punto di vista dei «sopravvivi» – una poesia del lutto e dell’assenza dell’Altro (secondo la tradizione 'madre', è il caso di dire, della nostra lirica: talché non suonano di maniera certi echi di Montale). Di contro, una poesia dell’assenza – e quasi del lutto – di Sé. Non stupirà, nel drammaturgo e critico teatrale, la frequenza di ambientazioni e metafore prese dalla scena. Ma si noti: le figure predilette sono mimi, maschere, doppiatori. Il protagonista è fotografato di sfuggita, come a tradimento, mentre prende le distanze da un centro di sé sempre meno frequentato, sviante verso le periferie dell’essere. E la sua figura alla fine si staglia come calco vuoto, cavaliere inesistente sotto la patina del quotidiano («Di tante giacche è fatta / anche una vita»). Mentre la musica sul palco, come in certo Lynch, è solo permanenza spettrale di un’altra dimensione («è invisibile la banda»). Il dileguare è anche un diluire e dilavare. L’elemento acquatico non ha mai, qui, valore di purificazione; al contrario è scompaginazione e sfiguramento, anche laddove sia fisicamente assente («l’aria d’intorno come una piscina, / torbida»). I flashes e dediche da sardonico tombeur svelano a distanza, allora, il proprio cupo valore di memento. Se ci ha sfiorati un giorno «la dolce ala della giovinezza», essa può solo «sciogliersi », ora, «in congedo, / a tempo di musica». Le voci delle definitivamente Assenti, frantumate nella «pappa dei ricordi», si rivolgono a un «dileguante» che si rivela, ormai, un loro simile.
Andrea Cortellessa
- 978-88-8419-537-1
- 2011
- €10.00
Luca Archibugi , poeta e drammaturgo, è nato a Roma nel 1957. Ha pubblicato Capolavori della pigrizia (Guanda, Quaderno collettivo, 1979) e Il dileguante (Aragno, 2011). Dal 1984 lavora per i programmi culturali della Rai. Ha collaborato e collabora a giornali e riviste, fra cui il manifesto, Corriere della Sera, Il Verri, Il cavallo di Troia, Nuovi Argomenti, alfabeta2, Hystrio, Ridotto, Il Caffè illustrato, L’illuminista, Antinomie. Questo libro raccoglie tutti i suoi lavori teatrali dal 1978 al 2018.