Questa eccezionale opera di Giorgio Scerbanenco, sorprendente e inattesa, inedita in volume, è stata ritrovata da Andrea Paganini nel Fondo di Don Felice Menghini, sacerdote e uomo di cultura ticinese, amico di molti rifugiati italiani in Svizzera nei primi anni Quaranta: oltre a Scerbanenco, Piero Chiara, Indro Montanelli, Giancarlo Vigorelli e Aldo Borlenghi. Il testo, di quarantasette capitoli, scritto da Scerbanenco durante l'esilio svizzero per sfuggire al regime fascista, fu pubblicato a puntate, tra il giugno del 1944 e il maggio dei 1945, su un periodico di Poschiavo. Saggio antropologico-filosofico sulla condizione umana - alla maniera, per dichiarazione dello stesso Scerbanenco, delle meditazioni del settecentesco Nicolas de Chamfort - l'opera indaga su speranza, felicità, libertà, dignità, coscienza morale, intelligenza, convivenza, tolleranza e destino. Scerbanenco, con passione etica non moralistica, ha costruito con un linguaggio spigliato, icastico, discorsivo e insieme narrativo, di vivace intelligenza psicologica una meditazione di eccezionale intensità etica.
- 978-88-8419-260-9
- 2006
- €15.00
Giorgio Scerbanenco nato nel 1911 e morto nel 1969, direttore dei periodici femminili «Novella» e «Bella», ha tenuto per anni su «Annabella» una celebre rubrica di colloqui con le lettrici, «La posta di Adrian». È il più grande scrittore italiano di romanzi noir del secondo Novecento. Celebri: Venere privata, Traditori di tutti, I ragazzi del massacro, I milanesi ammazzano al sabato e le sue raccolte di racconti Milano calibro 9 e Il Centodelitti.