Giacomo Jori
LA CITTÀ DEL PADRE
La trentennale parabola poetica che si distende dal Gierusalemme alla Conquistata è come riassunta nell’anelito che oppone la postilla tassiana: «In Gerusalemme, in Cielo», alla terzina dantesca: «però li è conceduto che d’Egitto | vegna in Ierusalemme per vedere, | anzi che ’l militar li sia prescritto» (Paradiso, XXV, 55-57). Ultima grande epopea, erede di Omero e Virgilio, di Dante, la Gerusalemme liberata è insieme il primo poema moderno, prepara il canto di Leopardi e Baudelaire. Inaugura così un sentimento di lontananza, di perdita che si incide nella coscienza, nelle arti europee: «[…] i’ ti ritrovo a pena, | Tancredi, e ti riveggio e non son vista: | vista non son da te benché presente, | e trovando ti perdo eternamente» (Liberata, XIX, CV, 5-8). E a questa mancanza il Tasso fissa una meta, Gerusalemme, patria terrena e celeste, che attingendo alle radici bibliche, immemoriali del sacro, proietta la sua poesia nell’orizzonte di un luogo cardine della costruzione e delle aporie della contemporaneità. È una ‘funzione’ il Tasso – opera e mito biografico – necessaria per comprendere l’Europa di Mozart e di Leopardi, per ritrovare una matrice, e dei rimedi, alle nostre ferite.
- 978-88-8419-596-8
- 2013
- €12.00
Giacomo Jori torinese, è ricercatore all’Università della Valle d’Aosta, dove insegna Letteratura italiana. Nell’ISI (Istituto di Studi Italiani) di Lugano insegna Letteratura italiana dell’Ottocento e del Novecento. È redattore di «Lettere Italiane» e della «Rivista di Storia e Letteratura Religiosa». Per Aragno ha curato l’edizione del volume di Barbara Allason, Vecchie ville vecchi cuori (2008); e dei testi inediti e rari di Mario Soldati, Boccaccino (2009); e La madre di Giuda - Pilato (2010); ha inoltre contribuito alla traduzione del saggio di Yves Bonnefoy, Roma, 1630 (2006).