Come spiega l’autrice, il poemetto (se il termine è adeguato: considerando la sua fusione fra verso, prosa e parola-azione teatrale) che apre il libro riprende un’immagine antica: l’ephedrismos prevedeva che due contendenti mirassero a una pietra-bersaglio: chi perdeva doveva correre a cercare la pietra a occhi coperti, col vincitore sulle spalle. Questo agone crudele aveva dunque per mezzo, ma anche posta in gioco, l’esercizio della vista.Sin dai suoi esordi, dimensione del rito e ossessione visiva connotano la poesia di Carmen Gallo. Questo gioco tra fantasmi del sé non fa allora che esplicitare la dimensione appunto rituale (più che teatrale in senso stretto) della coazione a ripetere: che sempre, di questa parola, è stata tema immanente e sotteso impulso formale. Il bellissimo componimento che al libro dà il titolo disocculta la sostanza personale dell’allegoria che lo precede, dispiegando lo sguardo su di sé (persecutorio come quello di Buster Keaton, in un certo terribile Film) in una serie di luoghi-stazione ricorrenti come l’incubatrice, il corridoio e l’altalena. Il primo alberga un incubo tutto calato, intriso nel linguaggio (è «la ferita che manca»); il secondo è figura psichica che abbiamo appena visto percorsa; il terzo tornerà in clausola: emblema – come il dondolare di Beckett – di un movimento incessante che è «assurdo, e non vale la pena». Proprio Beckett non hanno faticato a indicare, i lettori di Carmen Gallo, quale sua matrice decisiva. Di lì in effetti proviene lo smalto sul nulla di questa parola, nera al 99 e passa per cento come il Vantablack di Anish Kapoor, nel quale tanto facile è precipitare: così cascando nel «nero desiderio» – lo aveva chiamato appunto l’Irlandese – di un abisso al quale «l’unico modo per sfuggire», spiegava invece Kafka, «è guardarlo, misurarlo, sondarlo e infine discendervi». Anche questa «disciplina del cadere», per chi legge, è irresistibile come la forza di gravità. Andrea Cortellessa
- 978-88-9380-092-1
- 2020
- €12.00
Carmen Gallo (Napoli, 1983) ha pubblicato Paura degli occhi (L’Arcolaio 2014), e Appartamenti o stanze (D’If 2017, Premio Castello di Villalta). Nel 2019 è stata inclusa nel XIV Quaderno di poesia contemporanea a cura di Franco Buffoni (Marcos y Marcos), e nell’antologia della giovane poesia europea Grand Tour. Reisen durch die junge Lyrik Europas, a cura di Federico Italiano e Jan Wagner (Carl Hanser 2019). Un’ampia selezione delle sue raccolte è presente nell’antologia tedesca Die Maulposaune. Gedichte aus Italien, a cura di Hans Thill e Chiara Caradonna (Das Wunderhorn 2019). È nella redazione del blog «Le parole e le cose2». Traduce dall’inglese, e ha scritto su teatro e poesia elisabettiana, su Milton, Beckett e sul teatro britannico contemporaneo. Ha curato Tutto è vero, o Enrico VIII di Shakespeare per Bompiani (2017) e pubblicato il saggio sui poeti metafisici intitolato L’altra natura. Eucaristia e poesia nel primo Seicento inglese (ETS 2018, Tempera Book Prize 2018).