Renato Serra
LETTERE IN PACE ED IN GUERRA
a cura di Milva Cappellini. Prefazione di Geno Pampaloni
Geno Pampaloni, nella prefazione a questo volume che raccoglie più di cento lettere, afferma: «Renato Serra appartiene alla storia della cultura italiana ed europea e, oserei dire, alla storia della libertà». Le lettere indirizzate, tra gli altri, alla madre, a Luigi Ambrosini, a Benedetto Croce, a Giuseppe De Robertis, a Carlo Linati, ad Alfredo Panzini, a Giovanni Papini e a Giuseppe Prezzolini tracciano una sorta di autobiografia di un «europeo di provincia» (secondo la definizione di Ezio Raimondi), come figlio, come studente, come amico, come cittadino, come scrittore e come critico. «La critica era per lui» scrive ancora Pampaloni «un momento del vivere». «La letteratura molte volte è logica, compatta intorno ad un centro solo» annota Serra in una delle lettere alla cugina Tina «mentre la vita ha tutti i centri». Le Lettere in pace e in guerra costruiscono l'esemplare ritratto di un intellettuale che riesce sempre a salvarsi «dalla demagogia delle ideologie»: agli inizi «chiuso lungamente» come lo scrittore dice di sé «in una sorta di prigione di letteratura provinciale e di modestia e di ossequio umanisticamente preciso», riuscì, poi, tappa dopo tappa, a vivere «il suo tempo con appassionata fraternità».
- 978-88-8419-031-2
- 2000
- €12.00
Renato Serra (Cesena, 5 dicembre 1884-Monte Podgora, 20 luglio 1915) si laurea in Lettere a Bologna nella Facoltà che Carducci sta per lasciare. Profondamente radicato nel tessuto socio-culturale della sua cittadina, che lascia poche volte e poco volentieri, salvo per recarsi a Firenze, dove vivono alcuni dei suoi migliori amici, e dov’è la Redazione de «La Voce», alla quale Serra collabora volentieri anche se discontinuamente. Non lascia una grande bibliografia perché la sua attività fu sempre dispersiva e frammentaria: mille progetti, mille intenzioni, una vita troppo presto, insensatamente, sprecata. Serra si avviò al fronte accompagnato da una dolente quanto distaccata consapevolezza della prossima fine, giunta in una delle primissime giornate passate sul Podgora.