Wilhelm Richard Wagner, Federico Capitoni
QUELLA COSA PRIVA DI NOME - LA QUADRATURA DEL CERCHIO
Parafrasando una battuta di Victor Hugo sul Rinascimento, disse una volta Claude Debussy che la rivoluzione di Wagner, che si voleva un’alba, era invece un tramonto. Di ogni confine si possono esaltare tanto le costanti che le varianti; ma non c’è dubbio che Wagner abbia salato il sangue a più generazioni di novatori, da Baudelaire a Nietzsche (il quale farà in tempo a cambiare idea; ma anche Debussy era un «bidello del Walhalla» pentito) sino a d’Annunzio, Campana e Joyce. Per un media philosopher come Friedrich Kittler, senza il Gesamtkunstwerk non sarebbero concepibili neppure il progressive rock o la disco. Ma tutta la multimedialità di oggi, in fondo, viene dritta da Bayreuth. I suoi grandi testi teorici sono affetti dalla stessa ipertrofia delle opere di Wagner: momenti splendidi, e interminabili quarti d’ora (per dirla con un altro collega malevolo). Così Federico Capitoni, che tra i saggisti dell’ultima generazione è quello dalla più spiccata vocazione interdisciplinare (illuminando, di questo pensiero, quello che «è vivo» e quello che «è morto»; non senza indicare quanto di ancora-wagneriano alligni nella sperimentazione di oggi), ha pensato bene di “pescare” dagli scritti più agili e d’occasione. Faville del maglio che si rivelano piccoli gioielli. Una volta per esempio, in alternativa alla formula più vulgata (e volgare) di «arte dell’avvenire», Wagner definisce la sua opera «quella cosa priva di nome». Un po’ come «il sogno di una cosa» di cui parlava il giovane Marx.
- 978-88-9380-193-5
- 2022
- €18.00
Wilhelm Richard Wagner (1813-1883). Compositore, scrittore, saggista e librettista, Wagner impiegò il suo genio alla realizzazione di un’opera in musica che racchiudesse tutte le forme d’arte, compresi gli elementi architettonici e scenografici. Le sue opere, ispirate per lo più all’epica germanica. Costituiscono il culmine dell’esperienza romantica tedesca. Con il Ring des Nibelungen, portò a compimento talune innovazioni che si trovavano già in germe nel Fliegender Holländer: abolì la forma chiusa articolata nell’alternanza di recitativi e arie a favore di un flusso melodico ed emotivo, e introdusse il Leitmotiv, «motivo conduttore» che caratterizza un personaggio, un’idea, un sentimento, riproposto ogni volta che si presenta in scena il personaggio o la situazione cui il motivo si riferisce
Federico Capitoni , nato a Roma nel 1980, è filosofo, critico musicale e scultore. Suoi articoli sono apparsi su «la Repubblica», «Il Sole 24 Ore», «Avvenire», «il manifesto» e le maggiori riviste musicali nazionali. Insegna Storia ed estetica della musica al conservatorio di Salerno e collabora con Radio Rai. Per il teatro è autore di opere comiche per musica, tra cui Non è un paese per Veggy (2017), la prima “opera-panettone” della storia. È fra i realizzatori di Piano di curve sonore, scultura sonora interattiva esposta al Macro di Roma nel 2019. Fra i suoi libri La critica musicale (Carocci 2015), Canone Boreale. 100 opere del Novecento musicale (Jaca Book 2018) e Toccare (ivi 2020).