Charles-Augustin de Sainte-Beuve
TALLEYRAND
Prefazione di Francesco Perfetti
Talleyrand aveva un grande carisma e una eccezionale carica seduttiva. Malgrado la sua menomazione. Era rimasto zoppo, infatti, per una caduta dal seggiolone in tenera età dovuta alla disattenzione di una balia impegnata in conversari amorosi. Un fatto increscioso che lo aveva costretto a intraprendere, anziché quella delle armi, la carriera ecclesiastica, per la quale non aveva nessuna vocazione. E che non gli impedì, va precisato, di darsi subito alla bella vita: le donne gli piacevano e gli cadevano fra le braccia e le lenzuola con estrema facilità. Tutte, e di ogni tipo e ceto sociale: nobili e borghesi, giovani e meno giovani. La sua galanteria, unita all’arguzia, era parte di quello charme che lo rendeva irresistibile, ricercato e popolare nei salotti mondani. Qui, le sue battute, irriverenti e sferzanti, spesso ciniche, rimbalzavano di bocca in bocca. Eccone alcune: «Bisogna guardarsi dal primo impulso: è quasi sempre onesto»: «Posso perdonare alle persone di non essere del mio parere, ma non perdono loro di averne uno»; «l’uomo è un’intelligenza ostacolata dagli organi». Talleyrand fu, proprio, intelligenza allo stato puro: accoppiata con il cinismo, il realismo politico, il gusto per l’intrigo, la passione per gli affari, la capacità quasi rabdomantica di saper cogliere le linee di tendenza della storia. Tuttavia, il suo amoralismo trovò – vale la pena di ribadirlo – un limite nella convinzione che non si dovessero discutere la grandezza storica e l’importanza politica del proprio paese. E che si dovesse, quindi, operare per rafforzarle. Forse perché il douce vivre da lui amato e praticato era un prodotto tipico della civiltà francese. Uomo da mille volti, Talleyrand diceva di se stesso: «Credono che sia immorale e machiavellico, ma sono soltanto impassibile e sdegnoso». E, con un pizzico di vanagloriosa civetteria, aggiungeva: «desidero che nei secoli si continui a discutere di quello che sono stato, di ciò che ho pensato e voluto». E il breve ma sapido e gustoso portrait di Sainte-Beuve gli dà, giudizi moralistici a parte, piena ragione.
- 978-88-8419-850-1
- 2017
- €15.00
Charles-Augustin de Sainte-Beuve (Boulogne sur-Mer 1804-Parigi 1869). Oltre all’attività di critico militante cui si è esclusivamente dedicato nella seconda metà della vita, Sainte-Beuve è stato autore di alcune raccolte poetiche, Vie, poésies et pensées de Joseph Delorme (1829), Les Consolations (1830), e Pensées d’août (1837) e di un romanzo a sfondo autobiografico, Volupté (1843). Alla sua passione per Adèle Hugo si devono le poesie del Livre d’amour (1843). A due corsi tenuti all’Accademia di Losanna e all’Università di Liegi sono legati Port-Royal, grande affresco storico-culturale del XVII (1867) e Chateaubriand et son groupe littéraire sous l’Empire (1860).