Giulio Paolini, Giorgio De Chirico
UN APPUNTAMENTO MANCATO - IL CERVELLO E LA MANO
Les duels à mort s’intitola un quadro enigmatico del Pictor Ænigmaticus per antonomasia. Che allude forse a una fantasque escrime tutta interiore: quella, nel de Chirico anni Venti, fra il suo «ritorno al mestiere» contro la «dittatura dei modernisti», e la propria vocazione «metafisica», cioè la sua originaria ispirazione “filosofica” e “poetica”. Prima che il Pictor quadrasse il suo cerchio, e inventasse l’autoironica Neometafisica dei suoi ultimi anni, nel 1958 si troverà a spiegare le ragioni della propria “svolta” – già esposte in una serie di occasioni polemiche – in una conferenza a Torino (la città d’Italia che più aveva contato nella sua formazione). Quella sera lo ascoltava un giovane destinato a un grande futuro, e che sul momento trovò vergognose le intemerate di de Chirico contro il «partito politico» dell’arte moderna; ma a posteriori Giulio Paolini finirà per far sua, a modo suo, la “metafisica” «ritirata» di quello che finirà per definire il proprio «illustre modello». Comincia così un’avventura, quella del duello a distanza dei due «Grandi Metafisici», che questo libro ricostruisce, accogliendo pure una ricca sezione di d’après del secondo dal primo. Alle considerazioni di Paolini su de Chirico fa riscontro una scelta di testi teorici di quest’ultimo, che mettono a fuoco la relazione fra concetto e tecnica, «cervello» e «mano»: primo «diaframma» che lega fra loro i due artisti. E che si concludono con la trouvaille delle parole dette da de Chirico quella sera a Torino: punto di congiunzione astronomica fra due dei massimi artisti della nostra modernità, che la modernità congiuntamente hanno messo a morte. Andrea Cortellessa
- 978-88-9380-035-8
- 2019
- €20.00
Giulio Paolini , dichiarando la sua intima appartenenza alla storia dell’arte, da sempre interroga gli attori stessi dell’esperienza artistica: l’autore, lo spettatore, lo sguardo, lo spazio della rappresentazione. Dalle indagini analitiche dei primi anni Sessanta, la sua pratica si sviluppa progressivamente verso installazioni e allestimenti più complessi, che dal 2000 orientano l’attenzione principalmente sull’atto dell’esporre e sullo studio d’artista. Fin dagli esordi ha accompagnato il proprio lavoro con note e scritti, raccolti in volume, dal primo Idem (Einaudi 1975) a L’autore che credeva di esistere (Johan & Levi 2012).
Giorgio De Chirico (Volos 1888-Roma 1978) Nei suoi infiniti autoritratti si raffigura sempre “doppio”: e davvero la sua figura ci appare, come poche altre, duplex. Massimo interprete dell’avanguardia del primo Novecento, sarà poi in prima fila nell’avversarla e polemicamente liquidarla: finendo per apparirci, a posteriori, l’inventore tanto dell’attitudine “concettuale” che di quello che si chiamerà “postmodernismo”. Ma doppia ci appare anche in altro senso, la sua ispirazione: fra un’opera pittorica senza pari, per varietà e profondità, e un significativo corpus di testi (culminanti nel “romanzo” Hebdòmeros del 1929): che si trova ora raccolto nei volumi Scritti (Bompiani 2008) e La casa del poeta (La nave di Teseo 2019).