Jean Baptiste Bouvier
VENERE E IMENE AL TRIBUNALE DELLA PENITENZA
Povero Jean-Baptiste Bouvier: a leggerlo così vien preso per un Sade capovolto, che sculaccia con l’onere di emendare gli errori più che per provocare – e provare – piaceri, che muta il confessionale in una casa per appuntamenti. Un Divin Marchese che si travesta da Tommaso d’Aquino, ecco, e che con aquilina acribia dissezioni le licenze della carne, l’illecito dell’amare. L’autore delle Institutiones theologicae ad usum seminariurum discettava, con proficua sapienza, di «polluzione notturna», distingueva, chirurgia arcangelica, tra le «cose oscene », gli sfregamenti degni di peccato mortale («il giovine che fa sedere una ragazza sulle sue ginocchia e ve la trattiene, o abbracciandola la preme su se stesso»), e quelli fuori da tale pericolo («lo stringere la mano d’una donna, premere le sue dita, toccarle leggermente il collo o le spalle, porre il piede sopra il suo piede, ecc.»). Secondo il vescovo Bouvier, la lussuria si poteva vincere pregando, abbassando gli occhi, fugando gli ozi, mortificando la carne, compiendo opere di carità. Si sa, però, che denunciare l’errore ci rende edotti, ghiotti nel percorrerlo.
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Jean Baptiste Bouvier (1723-1854) nacque in una famiglia di artigiani di una piccola località delle Mayenne. Nel 1805 entrò nel seminario di Angers e fece rapidi progressi negli studi: fu ordinato sacerdote e nominato poco dopo professore di filosofia nel Collegio di Château-Gontier. Nel 1811 fu trasferito al seminario di Le Mans per insegnarvi filosofia e teologia morale. Nel 1819 fu nominato rettore del seminario e viacrio generale della diocesi, incarico che coprì fino al 1834 quando fu consacrato vescovo di Le Mans.